Un recente studio di Mattia Fiore, ricercatore del Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia dell’Università di Bologna, pubblicato sulla rivista Sociologia Urbana e Rurale esplora l’impatto delle nuove residenze studentesche di lusso a Bologna, note come Purpose Built Student Accommodations (PBSA). Il fenomeno dello sviluppo dei PBSA rappresenta una delle principali tendenze nel mercato degli alloggi per studenti a livello globale degli ultimi anni, accentuato sul territorio italiano dai finanziamenti messi a disposizione dal PNRR. I PBSA sono complessi residenziali progettati specificamente per studenti, dotati di servizi che vanno oltre le esigenze abitative di base, includendo aree comuni, piscine, palestre, sale cinema, ristoranti, bar, servizi di sicurezza e spazi dedicati allo studio. Il modello spesso combina la funzione di alloggio per studenti con quella di hotel o di co-living, offrendo soluzioni abitative dal breve al medio termine per diverse tipologie di utenti. Questa soluzione, pur rispondendo alla crescente domanda di residenzialità studentesca, comporta importanti implicazioni urbanistiche, economiche e sociali per le città in cui sorgono. La ricerca sottolinea infatti il rischio che tali strutture possano creare “isole di esclusività”, aumentando la segregazione sociale e ridefinendo le modalità di interazione degli studenti con il contesto urbano.
Il contributo si è concentrato sul caso studio della Bolognina, quartiere storicamente operaio della prima periferia situato a ridosso della stazione centrale e, secondo alcuni, un’area già soggetta a processi di gentrificazione, in cui sono collocati due dei PBSA della città di Bologna, che per questa ragione offre un esempio emblematico dell’impatto di queste strutture sul tessuto urbano.
La ricerca ha messo in luce diversi aspetti interessanti riguardo ai PBSA. Queste strutture ospitano per la maggior parte studenti internazionali, che costituiscono circa il 70-80% degli inquilini. Ciò è legato alle loro abitudini di vita, che si rispecchiano in quelle proposte dai PBSA, e alla preferenza per un ambiente che favorisca la socializzazione con altri studenti, talvolta provenienti anche da altri PBSA presenti nella zona, a discapito delle interazioni con la comunità locale. I PBSA, infatti, sono progettati con ampi spazi comuni e cortili interni che rafforzano i legami tra gli abitanti, ma al tempo stesso li isolano dal quartiere circostante, che diventa funzionale ad assolvere le sole necessità quotidiane. Gli spostamenti degli studenti, legati alle attività di studio e svago, si proiettano invece verso il centro storico. Un altro aspetto rilevante è il costo elevato di questi alloggi, che li rende accessibili solo a studenti con disponibilità economiche maggiori, creando così disparità tra la popolazione studentesca e generando una sorta di esclusione sociale della comunità locale. Questo fenomeno evidenzia la necessità di riflettere su come i PBSA influiscano non solo sugli studenti, ma anche sul tessuto sociale dei quartieri che li ospitano.
I risultati hanno mostrato che, se da un lato i PBSA possono migliorare l’offerta abitativa per gli studenti e riqualificare aree urbane marginali, dall’altro rischiano di accentuare fenomeni di segregazione sociale. Tuttavia, l’impatto complessivo di queste residenze sul quartiere rimane una questione aperta che richiede ulteriori approfondimenti per integrare nel discorso il punto di vista della popolazione locale e monitorare i cambiamenti nel tempo. Con l’aumento previsto di nuovi PBSA nel quartiere, inoltre, sarà fondamentale capire se queste dinamiche si consolideranno o evolveranno in direzioni più inclusive. Infine, l’articolo evidenzia la necessità di approfondire il ruolo degli investitori e delle istituzioni, considerando la crescente finanziarizzazione dell’housing come un elemento chiave per comprendere le implicazioni socio-spaziali di questi sviluppi.
Per l’articolo completo, Sociologia Urbana e Rurale.