Residenze universitarie e il rischio di studentification: il caso di Bologna

Un recente studio condotto da Alessandro Bozzetti, Silvia Bartolucci e Giulia Marzani, ricercatore e ricercatrici del Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, pubblicato sulla rivista Autonomie Locali e Servizi Sociali, analizza il ruolo delle residenze per studenti nelle città universitarie che hanno assistito alle trasformazioni urbane legate al fenomeno della studentification, concentrandosi sulla città di Bologna. 

La ricerca esplora la relazione tra il diritto allo studio e il crescente coinvolgimento del settore privato nel mercato immobiliare per studenti, mettendo in luce le criticità di un sistema sempre più orientato alla privatizzazione.

La studentification

Uno dei punti centrali dello studio è proprio il fenomeno della studentifiction, inteso come aumento della popolazione studentesca fuori sede nelle città universitarie che incide sul mercato immobiliare, sulla vita nei quartieri e sulle dinamiche sociali. 

Se da un lato questo processo può generare opportunità economiche e favorire lo sviluppo sociale, dall’altro rischia di creare segregazione abitativa, portando alla formazione di veri e propri “ghetti di studenti” e alterando gli equilibri residenziali delle città universitarie. 

A questo tema si aggiunge il grave deficit di alloggi per studenti in Italia. Attualmente, meno del 5% della popolazione studentesca può accedere a un posto in una residenza, un dato che evidenzia una carenza strutturale a fronte di una domanda in costante crescita. 

Questo deficit ha aperto negli ultimi anni la strada agli investimenti privati, con la proliferazione dei PBSA (Purpose-Built Student Accommodation), residenze studentesche private che offrono servizi esclusivi ma a costi spesso elevati, che rendono questi alloggi accessibili solo a fasce economicamente privilegiate. Inoltre, queste nuove residenze private tendono a configurarsi come strutture chiuse, con servizi interni che limitano l’interazione con la comunità locale. Questo modello rischia di ridurre l’impatto rigenerativo della popolazione studentesca sul tessuto urbano, trasformando gli studentati in enclavi isolate, anziché in spazi integrati nella città.

Il caso di Bologna

La città di Bologna rappresenta un caso emblematico di queste dinamiche. Con oltre 68.000 studenti iscritti, è tra le città universitarie italiane più attrattive ma anche una delle più colpite dalla crisi abitativa. 

L’analisi mostra come le residenze universitarie – soprattutto quelle private – si concentrino soprattutto in alcune aree della città, in particolare nei quartieri di San Donato e Bolognina, dove la pressione abitativa diventa quindi sempre più alta. Attualmente, le residenze pubbliche offrono in città circa 1.900 posti letto, un numero nettamente insufficiente rispetto alla domanda, mentre le strutture private, in forte espansione, hanno già superato 2.200 posti e continueranno a crescere con i nuovi progetti previsti già a partire dal 2026. Questa differenza non è solo quantitativa, ma anche qualitativa. 

Le residenze pubbliche, gestite dall’Azienda Regionale per il Diritto agli Studi Superiori , sono distribuite in modo più equilibrato tra centro e periferia e garantiscono costi calmierati, rispondendo alle esigenze degli studenti con minori risorse economiche. Al contrario, le residenze private si concentrano in aree strategiche e offrono servizi esclusivi come palestre, spazi di co-working e aree ricreative, con canoni di locazione che possono superare i 1.000 euro al mese, rendendole accessibili solo ad una fascia selezionata di studenti, spesso internazionali, contribuendo in questo modo ad accentuare le disuguaglianze e favorire la segregazione sociale.

Questa espansione del settore privato non è da ritenersi un fenomeno spontaneo, ma è stato fortemente incentivato dalle politiche nazionali, in particolare dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), che ha stanziato ingenti risorse con l’obiettivo di aumentare i posti letto per studenti fuori sede. Tuttavia, la prevalenza di utilizzo dei fondi da parte degli operatori privati solleva il rischio che l’incremento dell’offerta non si traduca in una maggiore accessibilità economica, ma contribuisca invece alla crescita di un mercato immobiliare studentesco esclusivo e poco regolamentato. 

Di fronte a queste sfide, lo studio sottolinea come la governance della residenzialità studentesca sia fondamentale per mitigare gli effetti della studentification e promuovere modelli abitativi più equi e integrati. Politiche urbane mirate e una regolamentazione più attenta del mercato privato sono strumenti essenziali per garantire il diritto alla casa e favorire una città più inclusiva, sia per gli studenti che per i residenti. 

Per l’articolo completo, Autonomie Locali e Servizi Sociali.

Per approfondire, si rimanda agli articoli Impatti e sfide delle residenze studentesche di lusso: un focus sulla Bolognina, Seminario pubblico OMSA sul ruolo degli studenti nelle città universitarie e Student housing: il caso di Bologna.